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  • Pacta Avvocati Associati

POSSO CONOSCERE IL PATRIMONIO, I REDDITI E LE ENTRATE DEL MIO CONIUGE E/O PARTNER?

Aggiornamento: 23 set 2019

Quello del titolo è uno di quei quesiti che sovente sono posti all’Avvocato.

Può trattarsi del coniuge che affronta la separazione/divorzio oppure del convivente disilluso che si ritrova nel bel mezzo di una crisi ed abbia interesse a conoscere i diritti propri nonché quelli dei suoi figli.

Nulla di strano né tantomeno di nuovo a ben vedere.

Se è vero che il semplice fatto di intrattenere un menage matrimoniale o una stabile convivenza non conduce necessariamente ad avere un’esatta conoscenza dei redditi e dei beni del proprio partner, è altrettanto vero che possedere un quadro il più possibile vicino alla situazione patrimoniale di quest’ultimo è di estrema utilità nel calibrare ed indirizzare eventuali richieste tanto in sede giudiziale che stragiudiziale.

Senonchè troppi ostacoli o reticenze possono frapporsi alla puntuale ricostruzione del quadro economico del proprio consorte e/o compagno/a.

Vi può ostare il regime patrimoniale adottato dai coniugi (comunione legale piuttosto che separazione dei beni) come la volontà di uno di costoro di celare all’altro taluni cespiti o fonti di reddito.

O ancora il disinteresse nutrito per lungo tempo rispetto alla sfera economico/patrimoniale nella convinzione del felice successo del rapporto e della conseguente impossibilità della sua rottura.

Ecco allora che, in fase di crisi, sorge spontaneo l’interrogativo: è possibile conoscere la sorte dei beni (mobili ed immobili) acquistati e/o donati o la sorte dei debiti assunti in costanza di matrimonio o di convivenza?

Ancora. È possibile conoscere i beni e le fonti di reddito del mio consorte e/o partner?

Tuttavia, la legittima richiesta del Cliente di tutelare un proprio interesse (se non addirittura quello ancora più importante dei propri figli) potrebbe confliggere con il bisogno di riservatezza o privacy della controparte.

Va subito chiarito che l’ordinamento giuridico, in considerazione degli interessi in gioco e della delicatezza della situazione del nucleo familiare, privilegia l’esigenza dell’esatta ricostruzione della situazione economica e patrimoniale di ciascun componente della coppia onde garantire ai componenti della famiglia (ivi compresi i figli) la miglior tutela possibile.

Se la sorte di beni acquistati/donati in costanza di matrimonio e/o di convivenza merita un approfondimento a parte, preme fornire, invece, un quadro dei diversi strumenti apprestati dall’ordinamento per conoscere la consistenza economica e reddituale della posizione del proprio ex partner/coniuge.

In tal senso, si osserva che se è vero che nella fase giudiziale (separazione, divorzio, modifica delle condizioni ex art. 710 c.p.c. etc.) il legislatore riconosce ampi poteri istruttori in capo al giudice chiamato a decidere della controversia, risultano più delicate e allo stato compromesse le iniziative autonomamente esercitabili da ciascuno dei coniugi o conviventi all’esterno della sede processuale.

Si vada con ordine.

Prescindendo dalla titolarità di diritti di proprietà o altre posizioni societarie-imprenditoriali di pubblico accesso (Agenzia del Territorio, Camera di Commercio, PRA etc.), va osservato che in sede giudiziaria il giudice, tanto di propria iniziativa che sollecitato da una delle parti, può disporre tutti i più opportuni accertamenti sulla situazione economica e reddituale dei coniugi e/o conviventi.

Così potrà essere ordinato (come avviene di norma) l’espletamento di indagini patrimoniali da parte della polizia tributaria.

Ancora il giudice potrà disporre su istanza di ciascuna delle parti ordini di esibizione ex art. 210 c.p.c. finalizzati all’acquisizione di elementi conoscitivi detenuti da terzi e rilevanti per la ricostruzione del tenore di vita e capacità economiche.

Ove ci si trovi, invece, al di fuori dall’alveo del processo il discorso si fa più complicato anche alla luce di opposti orientamenti che si sono formati all’indomani delle modifiche legislative introdotte dal D.L. 132/2014 convertito con L.162/2014.

Se prima del 2014 si era ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza che riconosceva il diritto di accesso per conoscere le dichiarazioni dei redditi del proprio partner e/o di altri documenti sulla situazione finanziaria di questi (esistenza di rapporti intrattenuti con istituti di credito o intermediari finanziari), a seguito delle novelle introdotte il quadro è profondamento mutato registrandosi due indirizzi divergenti ed antitetici.

Il legislatore con il D.L. 132/2014 ha ritenuto, infatti, di attribuire al giudice investito di talune tipologie di controversie (tra cui quelle in materia di famiglia appunto) i penetranti poteri istruttori di cui all’art. 492 bis c.p.c. con la possibilità di autorizzare l’effettuazione di ricerche con modalità telematiche presso l’Anagrafe tributaria e il settore archivio rapporti finanziari.

Sul punto l’Agenzia delle Entrate – destinataria delle richieste ex l.241/1990 circa i dati reddituali e finanziari - ha ritenuto che l’accesso a tali informazioni sia possibile solo su autorizzazione del Tribunale.

Detta interpretazione è stata fatta propria anche da una parte della giurisprudenza amministrativa (vedasi Consiglio di Stato 13 luglio 2017, sez. IV, n. 3461, Tar Emilia Romagna n. 798/2016) che ha ritenuto che “…l’acquisizione di prove documentali non può che avvenire nella sede tipica processuale e nel rispetto del principio del contraddittorio..” e dunque dietro autorizzazione del giudice chiamato a decidere la controversia familiare.

Di diverso avviso è, invece, la prevalente giurisprudenza amministrativa (ex pluribus Tar Bari Sez. III, 3 febbraio 2017 n.94, Tar Lazio Roma Sez. III 17 aprile 2015 n. 5717, Tar Bologna 753/2016, Tar Campania 4116/2017, Tar Campania Sez . IV 2 ottobre 2018 n.5763) secondo la quale “…il combinato disposto degli artt. 492 bis c.p.c. e 155sexies c.p.c., che prevede l'applicabilità delle modalità di ricerca telematica anche quando l'autorità giudiziaria deve adottare provvedimenti in materia di famiglia, costituisce un semplice ampliamento dei poteri istruttori del giudice della cognizione…. In sostanza, le citate norme non hanno comportato alcuna ipotesi derogatoria alla disciplina in materia di accesso alla documentazione contenuta nelle banche dati della pubblica amministrazione, avendo invece il legislatore voluto ampliare con l'art. 155 sexies c.p.c. i poteri istruttori del giudice ordinario nell'ambito dei procedimenti in materia di famiglia.” (motivazione di Tar Campania 5763/2018).

A prescindere dalla fondatezza e dei motivi alla base dei due orientamenti, va tuttavia rilevato che, a fronte dell’esegesi fatta propria dall’Agenzia delle Entrate, il soggetto che al di fuori di un giudizio in materia di famiglia voglia conoscere i dati reddituali e finanziari del proprio partner dovrà preventivare il rifiuto opposto dal Fisco.

Conseguentemente il medesimo soggetto dovrà impugnare il predetto diniego dinnanzi al Tar territorialmente competente con l’auspicio che i magistrati aditi siano sensibili all’indirizzo per lui più favorevole.

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